"Tutti cercan di fare quello che fanno gli altri. Una volta correva l'acquavite, adesso è in voga il caffè." Carlo Goldoni
mercoledì 17 agosto 2011
La caffeina
La caffeina è sostanza che appartiene ad un gruppo di lipidi solubili (purine).
Negli alimenti è presente principalmente nel caffè, nel cacao, nelle foglie di tè e si trova in natura in numerosi frutti, semi e foglie.
La caffeina rientra nell’elenco delle sostanze dopanti e deve essere quindi consumata con ponderazione dagli atleti agonisti per non determinare positività ai controlli antidoping.
La caffeina viene ben assimilata per via orale, con un apice plasmatico maggiore dopo 120 minuti.
Si distribuisce velocemente su tutti i tessuti attraversando la barriera ematoencefalica e la placenta.
Può essere presente nel latte materno e perciò devono essere prese particolari precauzioni nell’uso in caso di gravidanza ed allattamento.
L’emivita della caffeina è di 2,5 – 4,5 ore nell’adulto e si prolunga considerevolmente nel bambino appena nato a motivo dell’immaturità del suo sistema enzimatico.
Non va dimenticato, oltre a ciò, che l’assunzione di alcool o farmaci quali contraccettivi, cimetidina, disulfiram e allopurinolo protendono a prolungarla, mentre il fumare l’abbrevia dato che sollecita il metabolismo epatico.
Gli effetti sul sistema nervoso sono controversi dal momento che dosi minori di 500 mg rivelano sensazioni piacevoli con aumento dello stato di veglia, di allerta, della possibilità di concentrazione e miglioramento complessivo delle funzionalità corporee e psichiche.
All’ opposto, dosi più consistenti favoriscono inquietudine, fremiti, nausea, agitazione, prestazioni incostanti e diuresi.
La caffeina viene impiegata contro l’emicrania per facilitare l’assorbimento ed aumentare l’attività dell’ergotamina, la quale induce vasocostrizione e riduzione del flusso sanguigno extracranico, interessando i ricettori serotoninergici.
Ulteriore effetto del blocco dell’attività dell’adenosinaè l’effetto antidolorifico.
La caffeina è in grado di limitare la liberazione di mediatori dolorifici provocati dall’adenosina a livello delle terminazioni nervose ed è capace di attivare le vie noradrenalinergiche che attuano un’azione soppressiva sul dolore e di stimolare il sistema nervoso riducendo la componente affettiva nell’elaborazione della stimolazione.
La caffeina stimola la secrezione acida a livello gastrico per azione sui recettori H2 e per questo ragione andrebbe evitata negli individui predisposti all’ulcera.
Sintomi di intossicazione si mostrano con assunzioni attorno ai 250 mg, mentre posologie più elevate (650 mg), determinano la sindrome del “caffeinismo”, contraddistinta da ansietà, agitazione e disordini nel sonno molto simile allo stato ansioso da stress.
L’assunzione continuata di quantità contenute di caffeina non ha rilevato effetti tossici.
Oltre a ciò, soggetti con ipertensione conclamata non hanno manifestato variazioni collegabili all’ uso di caffè , né sono stati riscontrati maggiori pericoli di infarto al miocardio.
La caffeina non risulta influire sul decorso di gestazioni o sul peso del nascituro, né induce anomalie genetiche.
Situazioni di tossicità cronica sono in grado manifestarsi in caso di prolungato utilizzo di caffè in associazione al fumo di sigaretta o all’alcool, poiché questi variano le caratteristiche farmacocinetiche della caffeina.
In ambito sportivo è usata per la sua azione stimolante, può migliorare le prestazioni atletiche in attività aerobiche moderate, diminuendo la sensazione di fatica, può portare ad un miglioramento dell’ossigenazione cellulare durante l’attività fisica.
Inoltre la caffeina aumenta i livelli di zuccheri e insulina nel sangue e aiuta a stoccare il glucosio nei muscoli sotto forma di glicogeno.
La caffeina può essere un alleato della salute, aiutando a prevenire perfino molte patologie, dalla cirrosi epatica al diabete (tenendo presente di non superare le 3 tazzine al giorno).
Questo è il responso dell’Istituto nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione (Inran), che ha svolto un lavoro di ricerca cui ha contribuito l’Istituto Farmacologico Mario Negri, la Fondazione per lo Studio sugli alimenti e la Nutrizione e il Coffee Science Information Centre.
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